mercoledì 25 luglio 2012

Ogni sostanza è come un mondo a parte- Parte I


Introduzione

Il presente elaborato ha come punto di partenza la constatazione di un profondo legame tra la filosofia leibniziana e il barocco, inteso quest'ultimo non come periodo storico, ma piuttosto considerando i suoi aspetti peculiari dalla filosofia all'architettura, dall'arte alla musica. Il mio scopo principale è proprio quello di mostrare perché Leibniz è barocco, e viceversa perché il Barocco è leibniziano, argomento certamente vastissimo, che non potrà quindi essere interamente affrontato in questo elaborato, frutto di una selezione di testi e di temi.

Per quanto riguarda i testi, mi sono basata su due opere di Leibniz, Discorso di metafisica1 e Monadologia2 e uno scritto di Deleuze La piega3, in cui l'autore francese percorre approfonditamente le similitudini che uniscono l'opera del filosofo tedesco e il Barocco.

Ho diviso il mio lavoro in due capitoli: il primo si concentra sul Barocco, affronta il problema della sua effettiva esistenza e ne presenta le principali caratteristiche; il secondo espone tre fondamenti della filosofia leibniziana quali l'incompossibilità dei mondi possibili, il principio di individuazione e la libertà, sotto una luce barocca, evidenziandone gli aspetti che ci portano a sottolineare la pienezza di elementi e le infinite pieghe nell'opera del filosofo tedesco, esattamente come nel Barocco.

Le età moderna e contemporanea hanno visto un forte sviluppo dei concetti barocco-leibniziani nell'architettura, nella tecnologia e nella musica. Nella conclusione mi sono concentrata proprio sull'aspetto musicale: qualcosa del leibnizianesimo rimane perché si continua a riempire e piegare, anche se con nuovi involucri.

Capitolo 1: Che cos'è barocco?

    1. Il Barocco esiste (?)

I più importanti commentatori e studiosi del Barocco hanno avuto dei dubbi sulla effettiva consistenza della nozione di “Barocco”, dato che il concetto rischiava di estendersi indefinitamente, legandosi a qualunque cosa riguardasse una tensione-contrapposizione tra esterno ed interno, facciata e camera oscura, mondo e monade per dirla con termini leibniziani. La domanda che allora è giusto porsi è relativa al modo di intendere il termine “Barocco” e quindi ricavarne l'esatta determinazione e la giusta estensione.

La nozione di Barocco è stata prima estesa, poi ridotta a un solo genere o a una determinata selezione di periodi, fino ad arrivare alla totale smentita: il Barocco non era mai esistito4. Perché questo totale annullamento? Certo non si può parlare di esistenza del Barocco, come dell'esistenza di un concetto dato; bisogna vedere se può esserci una nozione capace di conferirgli esistenza ed inserire sotto la sua estensione un numero di elementi opportunamente caratterizzanti, al di là di un determinato campo o periodo storico. Come sottolinea Deleuze, «il concetto operatorio del Barocco è la piega, in tutta la sua comprensione ed estensione: piega secondo piega»5. Ma cosa bisogna intendere per “piega”?

La piega può essere definita come il mezzo tramite cui è possibile conservare l'unità nella molteplicità: per esempio quando “pieghiamo in due” un foglio, facciamo una differenza nel foglio stesso, tra la parte destra e quella sinistra, o tra la parte in alto e quella in basso, ma la sua unità non viene messa in discussione6. Nel mondo ci sono infinite pieghe, se pensiamo che ogni organismo e ogni meccanismo è costituito da un'infinità di elementi, energie e forze.

Ampliando il concetto, la piega è punto di vista sul mondo, sugli oggetti e ogni punto di vista rappresenta una variazione e una prospettiva: il mutamento del punto di vista tuttavia non ci fa considerare l'oggetto dell'osservazione come diverso, anzi il cambiamento diventa la condizione di possibilità per ricostruire attivamente la sintesi della cosa unitaria e conferirle così un'identità. Per questo Deleuze può parlare di prospettivismo in Leibniz come condizione per cui appare al soggetto la verità della variazione e considerare così il punto di vista come una potenzialità, il segreto delle cose, la condizione per la manifestazione autentica del vero7, come affermerà Husserl nell'elaborazione della sua fenomenologia, certamente in parte condizionato dalle riflessioni leibniziane8: «il mondo intero è solo una virtualità, esistente attualmente nelle pieghe dell'anima che l'esprime»9.

Usando la piega come nozione base e nel contempo punto limite di mutamento e variazione, si può estendere il Barocco oltre i limiti storici e le discipline artistiche. Possiamo così considerare parimenti barocchi Tintoretto, che dipinge il Giudizio universale, (fig.1) in cui i corpi si piegano in balia della propria pesantezza, le anime si chinano nei ripiegamenti della materia10, e Mallarmé, che nel poema Herodiade parla di ventaglio (l'unanime piega) che fa scendere e salire tutti i granelli di materia11; o ancora Il Greco, che nel Battesimo di Cristo (fig. 2) riesce a comunicare alla gamba un'ondulazione infinita usando le pieghe di ginocchio e polpaccio, mentre la nuvola in mezzo appare quasi come un ventaglio12, e lo stesso Leibniz, il quale afferma che le monadi devono «racchiudere una molteplicità nell'unità»13, perché la molteplicità è la base del cambiamento e senza mutamento le monadi sarebbero indistinguibili l'una dall'altra, perdendo così la propria identità.


fig. 1

Giudizio universale,

Tintoretto,

Chiesa della Madonna dell'Orto Venezia,
1562-1563, particolare.





Fig.2

Battesimo di Cristo, il Greco, 1597-1600 Museo del Prado, Madrid





1G. W. Leibniz, Discorso di metafisica in Scritti filosofici vol 1, Unione Tipografico Editrice Torinese, Torino, 2004

2G.W. Leibniz, Monadologia, SE, Milano, 2007

3G. Deleuze, La piega: Leibniz e il barocco, Einaudi, Torino, 1990

4Cfr. Ivi, p. 51

5Ibidem

6Cfr. Ivi, p. 17

7Cfr. Ivi, p. 32

8Per approfondire la questione del prospettivismo in Husserl e Leibniz, nell'ottavo capitolo de La piega, intitolato I due piani, Deleuze presenta un puntuale ed approfondito confronto tra i due filosofi tedeschi.

9Ivi, p. 34

10Cfr. Ivi, p. 45

11Cfr. Ivi, p. 46

12Cfr. Ivi, p. 53

13G. W. Leibniz, Monadologia, cit., p. 14

>>FEDE

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